Rosita Sartori: la musica come educazione “olistica”

Ho incontrato la prof.ssa Rosita Sartori perchè è un’insegnante di musica, in pensione dopo 40 anni di insegnamento nella scuola secondaria di primo grado, e ancora attiva nella scuola privata. Ha raccontato ad Insegnanti al microfono la sua esperienza e visione della musica e della scuola. Purtroppo precisa che la materia di educazione musicale è spesso considerata secondaria rispetto ad altre discipline. Invece la musica è qualcosa che è sempre presente nella vita delle persone, a tutte le età e condizioni. E’ strumento di incontro, relazione, divertimento, espressione, del corpo e dei sentimenti, eppure a scuola è spesso la cenerentola, cioè non così valorizzata ed apprezzata. Troppe volte è valutata alla stregua di un passatempo. Invece è cultura, arte, disciplina. Fare musica significa mettere in campo tutti questi aspetti della persona. Forse è l’unica disciplina che richiede la partecipazione di tutte queste aree. Ed è una di quelle materie che in realtà ognuno si porta avanti per tutta la vita: la musica come elemento fondamentale per la vita.

Ha insegnato per tanti anni sempre a Brescia e provincia. Ha visto cambiare molto la scuola in questi decenni: l’atteggiamento degli adolescenti, delle loro famiglie e anche della società. Lei stessa ha cambiato approggio didattico quando ha incontrato il ‘metodo Dalcroze’, altrimenti noto come Ritmica Dalcroze, è un metodo di educazione musicale che si pone all’origine dei nuovi sistemi d’insegnamento della musica di questo secolo. Fu creato all’inizio del ‘900 dal musicista, compositore e pedagogo svizzero Emile Jaques Dalcroze. Le ha permesso di collegare musica e movimento, ritmo e corporeità.

La musica è stata utilizzata anche per includere, soprattutto gli alunni stranieri che proprio attraverso il ritmo e la musicalità hanno potuto trovare ‘terreno comune’ con i coetanei. Ha avuto diverse occasioni per accogliere, incontrare, far esprimere culture, linguaggi, tradizioni diverse che nel comune e universale linguaggio musicale hanno trovato espressività e “voce”.

La scuola, dice la prof., non deve formare dei futuri musicisti o cantanti ma dare a tutti un’educazione alla musica e con la musica, così da esprimere i propri sentimenti, gusti, attitudini e capacità. I talenti poi vanno sviluppati in altri contesti.

La musica è così sentita dai ragazzi e ragazze che se troppo sezionata, spezzettata, razionalizzata per studiarla non è una cosa ben accettata. E’ come se si sentissero invasi nel proprio intimo. La musica è molto personale, è quasi un bene inviolabile, che può essere condiviso ma non troppo indagato. Va accolto e vissuto per quello che fa nascere dentro in modo istintivo e spontaneo.

La musica comunque per essere davvero capita e vissuta al meglio, occorre che sia anche studiata. Serve una cultura musicale, proprio per quello che nella storia, italiana in particolare, e nell’oggi rappresenta per tutti. C’è poca competenza, troppo poca. E’ lasciata solo all’istintività e all’emozine del momento e si giudica senza avere le ‘chiavi’ giuste per darne un commento appropriato. La musica è un argomento di identità molto forte per i giovani e in genere per le persone. Per questo è importantissima per la crescita degli adolescenti. Non si può lasciarla all’improvvisazione.

La musica come strumento fondamentale per l’educazione umana e culturale degli studenti, che dovrebbe essere inserita in tutti i curricula scolastici, perchè risponde meglio di altre materie al bisogno di identità e di espressione di tutti gli studenti.

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