Confesso che non ne avevo mai sentito parlare fino a ieri pomeriggio: il loop dopaminergico.
Una brillante, chiara e concreta incontro di formazione per docenti da parte di una psicologa clinica dell’Università di Padova.
Il ciclo del loop dopaminergico è definito come “un circuito di azione-reazione attivato dalla dopamina all’interno del nostro cervello. La dopamina è il neurotrasmettitore che controlla il sistema della ricompensa e il centro del piacere nel cervello. È associata all’aspettativa ed è fondamentale nel causare il comportamento di ricerca. Se stimolata, il livello generale di eccitazione aumenta e l’azione diretta verso l’obiettivo si intensifica. La dopamina spinge ad agire. Tuttavia la rapida soddisfazione che si può ricevere da un mi piace sui social media o dall’essersi accaparrati un acquisto scontatissimo svanisce rapidamente e il ciclo si riattiva. Più intenso di prima.”
E noi docenti spesso ne abbiamo a che fare durante le lezioni in classe (e ora anche in DAD) quando dobbiamo combattere con gli studenti non mollano il cellulare.
Il meccanismo è chariro: la soddisfazione di controllare e vedere qualcosa di noi sullo schermo dello smartphone genera una reazione chimica che ci dà soddisfazione e ci spinge a ripetere il motivo o la causa della soddisfazione. Così non riusciamo a stacare gli occhi da cellulare, dal non controllare sempre più spesso le notifiche. Vale per noi adulti e sembra in misura ancora maggiore per i giovani, nativi digitali.
Allora ecco la battaglia continua con gli alunni meno motivati e svogliati per fargli spegnere il cellulare o metterlo in cartella o zaino.
Ma ecco il solito problema: meglio continuare e richiamare, ad alszare la voce, a mettere note disciplinari o lasciarli questa linertà? Meglio lasciarli una pausa cossichè possanoi sfogarsi e poi riprendere l’attenzione er le parole del prof? O meglio far finta di nulla e concentrarsi sulla lezione da svolgere per chi ha voglia e curiosità o coscienza?
Perchè chi è un dipendente da cellulare non è faciel farne a meno. A volte toglierli questo ‘prolungamento’ della mano’ può scatenare delle reazioni opposte e violente, e soprattutto non capite dall’alunno, che ritiene ‘normale’ averlo in mano e controllare ogni tanto cosa appare sullo schermo.
Una battaglia non facile soprattutto in alcuni constesi scoalstici particolarmente difficili e irrequieti.
La scelta migliore sarebbe di riuporre il cellulare lontano da noi stessi, in modo che anche la nostra attenzione non sia distolta dalla sola vista dell’oggetto.
In questo modo forse riusciamo a concentrarci sulle relazione con lo studente e la studentessa.
La relazione positiva e di fiducia è la condizione necessaria per imparare, per apprendere.
Ma purtroppo il nostro sistema soclastico non lo permette in modo semplice e strutturato. Ancora troppi insegnanti sono ancorati al programma scolastico, che ormai è superato, ma non in tutti. Il programma forse è anche un’ancora di salvezza per i docenti, che in questo modo hanno una direzione da seguire.
Ma quuesto programma rischia di mettere in secondo piano la relazione educativa, che è necessaria per la reciproca formazione.
La DAD non ha aggiunto aspetti negativi alla didattica ma non ne ha dati, ne ha tolti: l’esperienza globale, integrale della relaizone educativa. Lo schermo ha dato segnali visivi ma ha tolto tutto il resto. Relazione è spazio e tempo. Non basta uno solo dei due per avere un’esperienza completa. Occorre esser in un luogo per poter vedere, ascoltare, annusare, tastare un luogo, le cose e le persone che ci sono e così avere un’esperienza piena e viva.
Veramente eccezionale l’articolo.
Bisogna trovare a scuola quello che K.Robison chiama l’Elemento. (Luogo che permette l’incontro tra Passione e talento).
Purtroppo, a scuola, molte indicazioni che ,sempre più , vengono dalle neuroscienze non trovano applicazione.
Per chi vuole approfondire sono invece moltissimi gli spunti..
Una recente ricerca veramente innovativa è il progetto R-education
Fatto in collaborazione tra università Statale di Milano e università Cattolica. La ricerca costituisce la prima applicazione in italia di un metodo didattico che è applicazione di una scoperta delle neuroscienze.
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